martedì 2 dicembre 2008

Senza titolo (per ora) - 13


(Qui le puntate precedenti)

Il disco volante sparò un ultimo colpo sui caramba e poi volò via, lasciandosi dietro una facciata fumante e alcuni principi di incendio. La strada era libera, potevamo proseguire. Dalle finestre che non erano invase dal fuoco buttavano giù cadaveri carbonizzati e altre macerie. Qualcuno si stava già rianimando: carboni fumanti che cercavano di tirarsi su, uno schifo.
«Non voglio passare là davanti – mi disse Silvio – Quelli sono così incazzati che ci userebbero come bersaglio».

«Gira intorno al palazzo», gli proposi. Riaccese il motore e, lentissimo, cercando di non dare nell’occhio, si infilò nella strada che costeggiava i carabinieri dall’altro lato. Quelle finestre sembravano poco presidiate: doveva esserci un casino tale là dentro che tutti quelli abili e arruolati forse giocavano al tirassegno con gli ex amici risorti. O si facevano strappare le budella. Nulla di allegro, in ogni caso. Noi intanto gli passavamo sotto il naso e cercavamo di riacchiappare l’astronave dei gorilla.

Dopo poche decine di metri, incontrammo una piccola mandria di morti piantati come tanti pali in mezzo alla strada. «Porca puttana!», esclamò Silvio. Le luci dei fari li attirarono come le maledette zanzare che mi piombano addosso nelle notti d’estate appena lascio uno spiraglio di finestra aperta. Non le sopporto e non mi lasciano dormire, quelle minuscole puttane. Cioè, conosco un sacco di gente che non si sveglierebbe neppure nell’eventualità che tutti i bastardi poliziotti della scuola Diaz fossero piombati in camera ululando tipo indemoniati e avessero fatto esplodere le molotov che si erano portati da casa. Io sono uno di quelli cui bastava un cigolio del materasso per vincere fantastiche notti insonni.

E quando non dormi che fai? Ti dedichi ovviamente alla caccia delle succhiasangue ronzanti. Avevo sviluppato una tattica infallibile: mi acquattavo sotto il lenzuolo in stile Rambo. Aspettavo che la zanzara disorientata si avvicinasse a capire se c’era qualche spuntino. Quando me la sentivo ronzare vicino alle orecchie, con uno scatto felino accendevo la luce della camera. L’idiota svolazzante, colta di sorpresa, nove volte su dieci si posava subito sulla mia bella parete bianca e finiva spiaccicata con un preciso colpo di quotidiano arrotolato. A onor del vero, la mia parete non era più bianca da tempo ma a pois neri e rossi: la decoravano diverse generazioni di insetti distrutti. Avrei preferito qualche testa d’alce, ma ci sarebbero voluti troppi colpi di giornale.

«E qui che si fa?»: Silvio frenò a distanza dal muro di morti e mi guardò.
«Che ne dici di giocare a bowling? - abbozzai – Dobbiamo assolutamente seguire il disco volante».

(13 - continua)

Nessun commento: