venerdì 29 maggio 2009

Coloranti e caramelle: molto allarme, poca sostanza


Quelle caramelle così colorate e invitanti nascondono qualche rischio per la salute dei bambini? È una domanda che da sempre scatena battaglie a colpi di ricerche più o meno scientifiche, titoli (spesso inesatti) nei giornali, denunce da parte delle associazioni dei consumatori. Un lancio d'agenzia ripreso circa un mese fa da alcuni quotidiani italiani ha rinnovato ancora una volta l'allarme: i coloranti nelle caramelle provocherebbero iperattività nei bambini. Cerchiamo di fare luce sull'argomento.

In primo luogo, la segnalazione parte dall'accostamento tra i risultati di un'indagine della Direction générale de la concurrence, de la consommation et de la répression des fraudes (Direzione generale della concorrenza, del consumo e della repressione delle frodi, Dgccrf), organo del Ministero francese dell'economia, e una richiesta di divieto per sei coloranti chimici avanzata dall'Ufficio europeo dell'unione dei consumatori (Beuc) insieme ad altre 41 associazioni.

Cosa dice l'indagine della Dgccrf? In sostanza, i Nas d'Oltralpe rilevano che risulta fuori norma il 42% dei prodotti di confetteria (di produzione francese ed estera) in commercio. Questa non conformità, però, in circa due terzi dei casi (e non in un terzo, come riportato erroneamente dalla stampa italiana) sarebbe legata a problemi di etichettatura: mancato riscontro di coloranti indicati sulla confezione o, al contrario, assenza dall'etichetta di coloranti invece riscontrati nel prodotto. La stessa Direction puntualizza che quella percentuale di irregolarità andrebbe comunque «sfumata», trattandosi più che altro un problema legato alla “dichiarazione” degli ingredienti che compongono le coloratissime caramelle che fanno gola ai bimbi.

Ma la “costruzione” della notizia prosegue ricordando che i coloranti sarebbero associati al famigerato disturbo da deficit d'attenzione ed iperattività (Adhd) e che, «nei giorni scorsi», il Beuc e altre 41 associazioni hanno chiesto all'Unione europea di vietare sei coloranti sospettati di favorire l'insorgere del disturbo. Recuperando dal sito del Beuc il documento salta però fuori che quella denuncia è datata 10 aprile 2008: ben un anno e pochi giorni prima del pronunciamento della Dgccrf, pubblicato il 16 aprile 2009.

A questo punto l'ennesimo allarme potrebbe venir liquidato come un distratto assemblaggio di fonti da parte di qualche giornalista pigro. Ma dell'associazione tra coloranti e iperattività si parla in questi giorni negli Stati Uniti. Infatti, un libro intitolato The unhealthy truth: how our food is making us sick and what we can do about it (“La dannosa verità: come il nostro cibo ci sta facendo ammalare e cosa possiamo fare”), scritto da una madre che sta lanciando una crociata contro gli additivi alimentari sponsorizzata da esperti televisivi e attivisti, ha riacceso le discussioni. Tra le altre cose, l'autrice Robyn O'Brien punta il dito contro i coloranti artificiali contenuti in alimenti come gelato alle fragole, yogurt, succhi di frutta e maccheroni inscatolati.

Fondata o meno la denuncia della O'Brien, contestata da molti nutrizionisti americani, rimane il fatto che la US food and drug Administration (Fda) - il massimo organismo statunitense con competenze in campo sanitario e alimentare - da anni ribadisca che «non esiste alcuna prova che i coloranti alimentari causino iperattività o disturbi nell'apprendimento infantile», posizione sottoscritta lo scorso anno dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa).

Sul rapporto iperattività/coloranti, la posizione di Massimo Papini, fondatore della clinica di Neuropsichiatra infantile dell'Ospedale di Careggi, è radicale: «L'Adhd è una sindrome inventata – dice – non risponde affatto a una problematica oggettiva ma alla necessità commerciale di vendere determinate medicine». Secondo Papini, anzi, «la terapia con un farmaco a base anfetaminica farebbe più danni del presunto disturbo». Esistono sicuramente casi in cui da un'intossicazione «derivano disturbi comportamentali: si pensi alla vicenda dei giocattoli con vernici al piombo, che qualche anno fa causarono danni gravi prima di essere ritirati dal commercio». Nei bambini, osserva il neuropsichiatra, «il sistema nervoso è più esposto rispetto a quello degli adulti, perciò un'intossicazione viene evidenziata da comportamenti diversi e da fenomeni nervosi». Ma, conclude, «stabilire pacchiani rapporti di causa/effetto è assurdo». Un colorante «può essere dannoso, ma l'effetto va documentato in maniera incontrovertibile».

Nadia Mulinacci, docente di Chimica degli alimenti all'università di Firenze ricorda che «vanno seguiti alcuni passaggi complessi prima che una sostanza possa essere iscritta nella lista degli additivi alimentari ammessi», spiega. Esiste infatti una serie standardizzata di test farmacologici, in vitro e su animali, che serve per determinare la cosiddetta “Noael”, cioè la quantità massima che non provoca effetti sugli animali: «Questa quantità viene poi divisa per un fattore di sicurezza, che solitamente è 100, diventando la Dga, cioè la dose giornaliera accettabile che si può assumere senza conseguenze».
Nell'industria alimentare «la tendenza è di ridurre i coloranti artificiali per privilegiare quelli naturali». Tra l'altro, in Europa e in Italia «il controllo in campo alimentare è maggiore, anche se sappiamo che una frode è sempre possibile». Comunque, «l'allarme sui coloranti è fuori luogo».

Fonte: www.minori.it

1 commento:

Unknown ha detto...

mah.... anche se fosse vero, per provocare iperrattività, sai quante ne dovrebbero mangiare...il che sarebbe dannoso per la salute comunque, solo per la quantità di zucchero mangiato.