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giovedì 23 aprile 2009

Il G8 all'Aquila? Dove sono i sardi?

Sono le 13.37. Da almeno due ore i siti dei giornali lanciano le notizie riguardanti la nuova pensata di Berlusconi sullo spostamento del G8 dall'Aquila alla Maddalena.
Sto tenendo d'occhio le agenzie e ancora adesso nessun politico sardo, men che meno quel manichino che si è trovato in viale Trento per grazia divina, ha ancora aperto la bocca per dire mezza sillaba su questo scippo che, al terzo tentativo è finalmente riuscito al nano maledetto. Anzi, Cappellacci ufficialmente neppure è stato informato da Silvio: l'ha detto Berlusca poco fa in conferenza stampa, ha deciso qualcosa che riguardava la Sardegna senza neppure fare una telefonata al suo presidente ("Ugo, scusa, mi ero dimenticato di dirti...").

Il G8 è solo una gigantesca rottura di coglioni. Ma è comunque una grande occasione di sviluppo e visibilità planetaria per una terra che, al di fuori dell'Italia, in pochi sanno piazzare su una cartina geografica. Ce lo portano via con una scusa cinica e ributtante e, invece di scendere in piazza e dare fuoco al palazzo del governo, non c'è un cretino che osi parlare.

Siamo una Regione sottosviluppata e oggi abbiamo avuto la conferma di avere una classe dirigente (anzi, diretta) sottosviluppata.
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venerdì 28 novembre 2008

Il Travaglio ottimista



Marco Travaglio da Santoro ieri sera. Continua a leggere

venerdì 7 novembre 2008

Stella: le battute di Silvio l'Incompreso

Convinto che grazie a lui l'Italia sia «il Paese più simpatico del mondo», Silvio Berlusconi si è lanciato ieri in una delle battute che lo fanno ridere assai. E nella scia dell'astuta diplomazia internazionale di due ministri come Umberto Bossi e Roberto Calderoli che da anni chiamano i neri «bingo bongo», ha ieri salutato Barack Obama come uno «che è anche bello, giovane e abbronzato».


Come prenderà la cosa il prossimo presidente americano, al quale il nostro premier si era già offerto di «dare consigli» come usavano i barbieri col «ragazzo spazzola» non si sa. È da quando era piccolo che come tutti i neri sente spiritosaggini del genere: «cioccolato», «carboncino», «palla di neve»... Non ci avesse fatto il callo non sarebbe arrivato alla Casa Bianca. Certo, se il Cavaliere voleva «sdrammatizzare» il primo commento del «suo» capogruppo al Senato Maurizio Gasparri dopo l’elezione («Al Qaeda sarà contenta») non poteva scegliere parole più eccentriche. Fatti i conti col contesto internazionale, è probabile che Obama farà spallucce: boh, stupidaggini all’italiana. Da prendere così, come le barzellette da rappresentanti di aspirapolvere sui lager, i malati di Aids, i froci... L’importante è non prendere sul serio chi le racconta. Esattamente quello che hanno fatto, in questi anni, molti dei protagonisti della scena mondiale. Spesso spiazzati dalle sortite di un uomo che secondo Giuliano Ferrara è «un’opera pop».

Nessuno è mai stato stato così contento di se stesso e così spesso «incompreso» sulla scena mondiale. Basti ricordare quando disse al parlamento europeo che avrebbe proposto a un amico che girava un film sui lager nazisti di dare al socialista Martin Schulz la parte del kapò. Gelo in aula. Interrotto dopo lo stupore da urla d’indignazione. E lui: «Era solo una battuta per cui è scoppiato a ridere l’intero Parlamento. Un’osservazione di venti secondi poiché volevo allentare l’atmosfera... La vicenda è stata enormemente gonfiata dalla sinistra». In realtà, spiegò, «in Italia tengono banco da decenni storielle sull’Olocausto. Gli italiani sanno scherzare sulle tragedie per superarle...». E a quel punto si incazzarono ancora di più gli ebrei. Che difficile, farsi capire... Non lo capirono i ministri degli Esteri europei quando a una riunione a Caceres fece le corna a un collega durante la foto ufficiale: «Volevo far ridere un simpatico gruppo di giovani boy-scout». Non lo capirono i giornalisti russi il giorno che, già ustionati dal numero di cronisti assassinati a Mosca, restarono basiti per il modo in cui reagì alla domanda di una giovane reporter che aveva osato chiedere a Putin se avesse una relazione con una gentile signorina: fece finta di imbracciare un mitra e di dare una sventagliata. Non lo capì il danese Rasmussen quando spiegò che «è anche il primo ministro più bello d’Europa... Penso di presentarlo a mia moglie, perché è molto più bello di Cacciari... Secondo quello che si dice in giro... Povera donna».

E poi non lo capì il giornalista del Times: «Nel bel mezzo del discorso di Chirac in Canada, Berlusconi si è alzato e ha cominciato a distribuire orologi agli altri leader, con un delizioso sprezzo politico». Non lo capirono i palestinesi quando ammiccò: «Arafat mi ha chiesto di dargli una tivù per la striscia di Gaza, gli manderò "Striscia la notizia"». E non lo capì il cronista del giornale russo Kommersant durante la visita di Berlusconi e Putin allo stabilimento Merloni di Lipetsk: «Il premier italiano era particolarmente attivo ed era chiaro che aveva un obiettivo: non sarebbe stato contento se non fosse riuscito ad avvicinarsi ad un gruppo di operaie. Poi rivolto a Putin: "Voglio baciare la lavoratrice più brava e più bella". Aveva già individuato la sua vittima. Si è avvicinato a una donna grande come la Sardegna e con tutto il corpo ha fatto il gesto tipico dei teppisti negli androni bui dei cortili, quando importunano una ragazza che rincasa. Lei s’è scansata ma il signor Berlusconi in passato deve aver fatto esperienza con donne anche più rapide di questa: con due salti ha raggiunto la ragazza e ha iniziato spudoratamente a baciarla in faccia».

Che male c’è? È estroso. Macché: non lo capiscono. Come quella volta che spiegò: «Mi accusano di aver detto che i comunisti mangiano i bambini: leggetevi il libro nero del comunismo e scoprirete che nella Cina di Mao i comunisti non mangiavano i bambini, ma li bollivano per concimare i campi». Non l’avesse mai fatto! Immediato comunicato del ministero degli Esteri cinese: «Siamo contrariati da queste affermazioni infondate. Le parole e le azioni dei leader italiani dovrebbero favorire la stabilità e lo sviluppo di relazioni amichevoli tra la Cina e l’Italia». Uffa, era una battuta... Sul cibo, poi... «Rimpasto? No, grazie, non mi occupo di paste alimentari... Poi, dopo la visita in Arabia Saudita, mangio solo riso in bianco...». E si indispettirono i sauditi. Uffa, che permalosi... Il massimo lo diede sulla sede dell’agenzia alimentare europea che rischiava di finire a Helsinki: «Parma sì che è sinonimo di buona cucina, mentre i finlandesi non sanno nemmeno cos’è il prosciutto. Come si può pensare di collocare questa agenzia in un Paese che forse va molto fiero della renna marinata o del pesce baltico con polenta? Per portare l’Agenzia a Parma ho rispolverato le mie doti di playboy con la presidente finlandese Tarja Halonen». Ed ecco l’incidente diplomatico.

Con tanto di protesta ufficiale e convocazione dell’ambasciatore italiano: come si permetteva? Immediata rappresaglia delle associazioni dei produttori finlandesi: «Non compreremo più vini e oli italiani». E lui: «Ho fatto solo una battuta di galanteria. C’è una mancanza di sense of humour...». In fondo si tratta di strategia internazionale. «Cazzeggio strategy», diciamo. Mica le capisce, certe reazioni. Lui, quando a un vertice è saltata fuori la storia che è bassotto mica se l’è presa. Si è tolto una scarpa, l’ha messa sul tavolo e l’ha mostrata a tutti: «Visto? Non ce li ho i tacchi alti. È che mi dipingono così».

Gian Antonio Stella

(Fonte: Corriere.it)

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giovedì 18 settembre 2008

Un'altra chicca


«Presidente le piacciono le mie scarpe?»
«Uh... sì, belle tonde... a mandolino… Bellissime!» Continua a leggere

mercoledì 17 settembre 2008

A proposito di prostituzione

L'avevo elevata a simbolo delle donne che si fanno un mazzo così per raggiungere i loro obiettivi (qui) e me la ritrovo a fare la velina telecomandata (notate il movimento degli occhi: sta leggendo un gobbo) per compiacere il presidente satiro. Ogni commento è davvero superfluo.

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mercoledì 2 luglio 2008

Letture: Fantozzi siamo noi


Da L'Espresso.it

In alcune scuole medie quest'anno hanno suggerito 'Il secondo tragico libro di Fantozzi' come lettura per le vacanze. Fantozzi ha quarant'anni: esordì come 'Fantocci' a 'Buona domenica' nel 1968.
I libri di Fantozzi hanno venduto due milioni e mezzo di copie: più di Moravia, e forse del 'Gattopardo'; i suoi film hanno incassato quanto una fabbrichetta del Nord-est. "Fantozzi è indicativo della situazione italiana oggi.", commenta Paolo Villaggio, ex flâneur-fancazzista da Riviera di Ponente, 75 anni a settembre.

Furio Colombo (Pd) ha evocato Fantozzi in Parlamento come la vittima sacrificale del parastato che quand'è sotto schiaffo ne fa oggetto di mobbing per lavarsi la coscienza. Il ministro Renato Brunetta (Pdl) vuole invece eliminare Fantozzi, le sue brache larghe, la radiolina e la 'Gazzetta' letta di nascosto nell'orario di lavoro... Ma Fantozzi è l'unica vera maschera comica inventata in Italia dal dopoguerra: è il cognato, il vicino, il collega, non è mai chi lo cita. È come Arlecchino: il voltagabbana dai mille colori è sempre un altro. Dunque è come se Brunetta si fosse messo in testa di eliminare le albicocche o i fichi fioroni.

Allora Villaggio, cosa succede a Fantozzi? Dobbiamo lodarlo o siamo qui per seppellirlo?
"Brunetta non ce la farà mai. I fannulloni, frustrati, annoiati, pur di non far niente che tanto niente cambia, usano tattiche di guerriglia sperimentate e raffinate. È impossibile stanarli. Già quando uno è assunto, quelli che hanno 4 o 5 anni di ergastolo impiegatizio gli insegnano come agire. In ufficio ti fai una fidanzatina, una collega di classe inferiore che anche lei non sa che ci fa lì, la corteggi, lasci il posto di lavoro ma posi la giacca sulla sedia. Chiama il capo e lei: 'C'è, ma è fuori stanza. Vedo la giacca'. Dopo un po' il superiore, un fannullone pure lui, un frustrato, che non vuole rogne e noie, ha fatto la sua piccola carriera, cerca di non fare un cazzo, s'è scordato perché ti ha chiamato e lascia perdere. Milioni di animatori girano per le stanze: sono i barzellettieri, quelli che sanno il colmo di tutto, i depositari di luoghi comuni. Terribili. Altri dormono in archivio. Io scalavo un cornicione, attraversavo una fabbrica di bandiere, salivo in Lambretta e andavo al mare. Un unico rischio: che il superiore mi assaggiasse la pelle e scoprisse il salmastro...".

Sono passati 40 anni. Qualcosa sarà cambiato. O forse ha ragione Brunetta.
"La situazione è peggiorata. A quei tempi c'era fiducia in quella cultura: ho un lavoro, mi annoio, ma sono felice di questa condizione. Erano mansueti. Semmai si chiedevano come mai, pur con la macchina, la tv, le vacanze, qualcosa non quadrava: per esempio un Roma-Ostia in nove ore. La società dei consumi imponeva di esser soddisfatti, e se non lo erano si autoaccusavano. Pensavano di non essere all'altezza, di rappresentare un'anomalia. Leggendo i 'Fantozzi' si sono accorti che la colpa non era loro, ma della cultura in cui vivevano. Da qui l'enorme popolarità del personaggio".

E allora cos'è successo?
"Hanno tutti una malattia gravissima: la paura di essere invisibili, perché l'importante è apparire. Ed è impossibile stanarli. Si travestono tutti da giovani: hanno gli orecchini, i capelli all'insù, all'ingiù, gli anelli al naso, i calzoni strappati anche a 40 o 50 anni. E sono ancora esclusi e quindi più incazzati. Cominciano dall'infanzia: vedi il bullismo dei bambini in quinta elementare che picchiano i maestri, le bambine che graffiano le colleghe carine. Vedi la curva allo stadio. È inutile dire che sono dei teppisti. È gente comune, indistinguibile nel vestiario, nel parlare, è sparito l'italiano e si esprimono tutti in uno strano romanesco. Di loro si parla solo quando fanno casino, si scontrano negli autogrill. Quando vedono 5 mila poliziotti per fermarli sono contenti: fanno notizia, ci sono".

Una volta Fantozzi era ulivista.
"Sì, perché la sinistra gli garantiva di poter fare i fannulloni senza esser cacciati a bastonate, neanche se li fotografavano mentre saccheggiavano le valigie all'aeroporto. Ora la middle class, dopo aver sbaragliato la classe operaia, ha fagocitato anche Fantozzi. Ma è quella depressa, coccolata dalla televisione dove il consenso si ottiene abbassando via via il livello delle idee: vedi la fortuna di Celentano e Mike Bongiorno. Gli intellettuali da tv sono più sottili di ogni fascismo perché hanno ereditato dalla televisione l'autorità della loro mediocrità. I leghisti tipo Calderoli, o giù di lì, fanno impressione in questo senso: piccola mediocre ignorantissima borghesia. Fantozzi ha dunque il mito di Berlusconi che non è un intellettuale, è un fichista, un barzellettiere, è ricco; spera, Fantozzi, di andare anche lui nudo un giorno o l'altro sulla barca di Briatore, e se non ce la fa s'incazza. Vota Lega".

Appena dieci anni fa per Fantozzi Bossi era un nonsenso.
"Oggi Fantozzi diffida delle nuove classi emergenti, ha paura di zingari, rumeni, Islam, chador. La Lega gli promette quello che ha promesso Hitler ai tedeschi in Germania che si sbarazzarono degli ebrei senza dare nell'occhio. Ma già il clima è che, quando vedi una barca con 40 morti gonfi, è meglio. La tendenza è questa, e tra un paio d'anni spareranno a vista quando si avvicinano queste barche sgangherate, sennò la flotta a che serve?. Ma credo che quelli della Lega non siano capaci, e neanche la camorra che va a rubare negli accampamenti rom. Patetici! Dovrebbero richiamare i nipoti di quelli là, dei nazisti. Dir loro: avete i campi belli pronti, Auschwitz, Dachau, Mauthausen. Ci vanno i turisti, ma voi sapete come rimetterli in funzione".

Ora sta riducendo per il teatro (esordio a ottobre) la sua 'Storia della libertà di pensiero'. L'argomento è un classico: i processi a Socrate, Gesù, un Colombo entusiasta per le terga di Isabella di Castiglia, Giordano Bruno, Savonarola, Galileo. Per tutti la stessa trama: il libero pensiero schiacciato dal Potere, la Chiesa cattolica.
"Certo. È stata la più grande forza reazionaria della storia, contraria a qualsiasi tipo di scoperta, evoluzione, originalità che scalfisse la sua autorità: la terra è piatta e il sole ci gira intorno, roba così. Galileo per non esser bruciato vivo dovette ammettere d'essersi sbagliato in tutto".

Lo ha scritto per risarcire le vittime?
"No, per istinto anticlericale".

Si prende una bella libertà: Cristo ne vien fuori un matto.
"Io sono il Messia, dice... E dice pure che non solo sua madre è vergine, ma che un arcangelo è andato a trovarla. Poi io sono figlio di Dio, e infine io sono Dio. Quindi era da manicomio. I preti di allora, il Sinedrio, l'hanno messo in croce insieme a 40 altri condannati..."

Come, 40?
"Le crocifissioni si facevano in gruppo. Lui, che era squilibrato, urla 'Elì Elì, Lamà Sabactani'. Il soldato Longino l'ha ammazzato con un colpo di lancia perché disturbava la morte degli altri. Primo esempio di morte per disturbo".

E questo papa?
"Si è imbufalito per non essere stato messo tra le prime cento personalità del mondo. Lui, così vanitoso, sempre con la mitria. L'altro, il 'Santo Subito' Wojtyla, aveva un vantaggio: era un buon attore, fingeva di essere gobbo e buono, e viaggiava, e viaggiava, anche se non ha mai mosso la Chiesa di un millimetro. Questo è molto elegante, ha un accento che se si veste da SS con quella faccia fa svenire tutti gli ebrei che incontra. È inutile che s'incazzi. La retorica della povertà è quella che ha vinto sempre: San Francesco a piedi nudi, Ghandi vestito da paria, Teresa di Calcutta in sandali. Se vuol salire in classifica, si metta un saio da francescano, impari l'arabo e vada a Gaza a fare un discorso".

Non ha paura d'essere scomunicato?
"Non mi hanno scomunicato ed è un'offesa maggiore. Non mi hanno considerato né rischioso né un pericolo. Per loro il mio libro sulla libertà di pensiero è robetta non nociva".
Dante Matelli
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