giovedì 30 aprile 2009

Il mondo negli occhi dei bambini

I bambini guardano il mondo con occhi curiosi, assorbono moltissime informazioni ma non sempre sono in grado di decodificarle in un quadro chiaro. Lo si deduce da una curiosa intervista a più voci realizzata in due classi elementari di una scuola dell'hinterland torinese: per gli scolari, Obama dovrebbe fare il capo del governo e le quote rosa sarebbero «mutande». L'approccio giusto, però, permette anche ai più piccoli di afferrare concetti complessi. Lo dimostra l'esperienza della Biennale della democrazia di Torino, nella quale il tributarista Franco Fichera ha spiegato a un centinaio di bambini delle quarte e quinte elementari l'importanza del sistema fiscale con un gioco di ruolo chiamato Le belle tasse.

Un quotidiano del circondario torinese, giorni fa, ha pubblicato dunque una curiosa intervista a più voci con i bambini di una seconda e di una quinta elementari di Rivoli. Pur trattandosi di un campione davvero poco rappresentativo, la voce dei bambini riflette in modo significativo le storture e le contraddizioni di quanto assorbono dalla televisione e in famiglia. Sono soprattutto gli scolari della seconda a fornire le risposte più interessanti. Ecco allora curiose definizioni per la cassa integrazione («Quando un signore di lavoro ha bisogno di soldi e allora dice al suo capo se glieli può dare») o il tasso fisso («Un tasso imbalsamato»). La Borsa diventa «un posto dove tu hai delle carte e se le tiri prendi tutti i soldi» e il bancomat «una macchina che quando in posta c’è tanta coda, tu vai lì, metti un codice e ti prendi tutti i soldi che vuoi».

Le risposte riguardanti l'attualità politica vedono il trionfo di Barack Obama: il presidente degli Stati Uniti per qualcuno è «capo del governo», ma è anche «presidente, mentre Berlusconi è capo del governo» (la differenza? «Il colore»). Oppure «sta all'opposizione» ed è l'unico di cui ci si può fidare, tanto che un bambino, se fosse al governo, farebbe «venire Obama qui in Italia».

Sull'intricata politica italiana le idee si fanno più nebulose (le quote rosa, nella confusione generale, diventano «mutande»), ma tornano più concordi quando si passa a parlare della presenza femminile nelle istituzioni. Per esempio, l'intervistatrice chiede: «Secondo voi perché le donne in parlamento sono una minoranza?» Risposte: «Perché non sanno niente», «perché le femmine non vanno sulla moto da cross», «perché non fanno disastri», «perché non valgono niente». Motivazioni: «Dicono delle cose un po’ meno importanti di quelle che dicono gli uomini» oppure «le donne non sono capaci di fare queste cose, quindi dicono poche cose» (sono bambine a parlare). Quindi, quasi all'unanimità, un presidente della Repubblica non potrebbe essere donna. Tra le ragioni, ecco una vetta di sublime fantasia: «Perché quando le donne corrono, i capelli vanno tutti davanti alla faccia». Perciò l'altra metà del cielo sembra condannata a «lavare», «stirare», «fare le pulizie», «cuocere».

Ma la complessità della realtà sembra ampiamente a portata di bambino. Lo dimostra l'esperienza del progetto Le belle tasse – Le tasse spiegate ai bambini, riproposto alla Biennale della democrazia di Torino della scorsa settimana. Ideato nel 2005 dal tributarista Franco Fichera, professore di Diritto tributario a Napoli, questo gioco di ruolo ha spiegato a un centinaio di bambini della quarta e quinta elementare quale scopo abbia il sistema fiscale.

Lo stesso Fichera, che segue passo passo lo svolgimento per rispondere alle mille domande degli scolari e far comprendere cosa succede, spiega le regole in un articolo scritto l'anno scorso. I bambini vengono divisi in «autorità politica, esattori, amministratori» e ricevono un gruzzolo in monete di cioccolato, «distribuite in modo casuale e diseguale» (come nella vita). Vengono poi invitati a «destinarne una parte come tassazione sulla base di un’aliquota proporzionale decisa dall’autorità politica, ad esempio del 40 per cento». Ecco così una mini-dichiarazione dei redditi, «contenente l’indicazione delle proprie fortune, l’aliquota da applicare, il tributo dovuto, aggiungendo i propri dati anagrafici e la firma».

Una volta che «gli esattori avranno ritirato le dichiarazioni e percepite le entrate, l’autorità politica confronterà quanto è stato complessivamente riscosso con quanto era complessivamente dovuto, evidenziando pubblicamente, se risultano, fenomeni di evasione». Poi, le monete «saranno raccolte nella cassa pubblica» e l’autorità politica «destinerà le somme percepite alle diverse voci di spesa: istruzione, sanità, trasporti, vigili urbani, esercito, aiuti sociali». I bambini, così – scrive Fichera - «vedranno che il sacrificio individuale (la tassazione) permette la realizzazione di interessi collettivi (le spese pubbliche)» attraverso la modalità «dell'altruismo imposto o del dovere di solidarietà».

Il dibattito tra cittadini e amministratori si sviluppa sulle priorità: se usare i soldi per gli ospedali e la scuola, quanto donare all'Abruzzo, se era giusta un'aliquota del 40% . Insomma, quasi come nella vita reale: l'evasione di qualche goloso viene ripianata dagli altri bambini. Ma- questo sì che differenzia i bambini dagli adulti - con generosità, senza troppe storie: alla fine è solo cioccolato. 

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