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lunedì 29 giugno 2009

Fan sull'orlo di una crisi di nervi



Dall'Unione Sarda di ieri e oggi, pagina dei necrologi.
Fan demoliti dal dolore o semplici approfittatori? Continua a leggere

venerdì 27 marzo 2009

Quanto ci si può fidare dei giornali in Sardegna?

Immagini sparse dagli ultimi mesi. Un giornalista di Videolina quasi si unisce in diretta al carosello dei festeggiamenti nella sede di Ugo Cappellacci («Cosa vuole dire a Renato Soru, presidente? Cosa gli diciamo, eh?»). Una sua collega - elegantissima, brillante, mai troppo imparziale - atterra in Consiglio regionale grazie al munifico listino del centrodestra.

Un altro collega della stessa tv, grande esperto di calcio, si ritrova - così sembra - capo ufficio stampa della Regione. L’Unione sarda dedica pagine e pagine a Berlusconi e alla sistematica distruzione di Renato Soru durante l’ultima campagna elettorale. Due interviste dell’Unione a Cappellacci subito dopo l’elezione e all’esordio in Consiglio regionale (interviste a Soru nei 5 anni precedenti: zero). La linea ondivaga della Nuova Sardegna prima e durante la campagna elettorale: un po’ di qua, un po’ di là, adesso che è iniziata la legislatura decisamente di qua con modi anche inappropriati (un fondo al vetriolo del notista politico sulla nuova giunta “venduto” come pezzo di cronaca). Il Sardegna che ondeggia a seconda di chi scrive, Altra Voce – il quotidiano on line di Giorgio Melis – ormai incasellato come house organ del leader di Sanluri (anzi, più soriano di Soru stesso).

Forse mischio pere e mele (giornalisti e informazione), ma il problema di fondo rimane: ci si può fidare dei media sardi e di quello che scrivono? Il dilemma non riguarda solo la politica: si pensi al recente caso di cronaca del giovane morto d’infarto nel parcheggio del Sant’Elia presentato con tutti gli stilemi dello scandalo a luci rosse o al dramma dell’Eurallumina messo oggi a pagina 2 e il giorno dopo a pagina 40 dall’Unione. O, andando indietro di un paio d’anni, alla bufala del vecchino ladro nel supermercato inesistente, lanciata dall’Unione e smascherata dal Sardegna.

I giornali sono buoni solo per involgere il pesce o leggere i necrologi? I telegiornali servono ormai solo a vedere i gol del Cagliari? Fare il giornalista ormai è solo un modo come un altro per farsi amici potenti e ambire di essere cooptati nella casta? Insomma, in Sardegna più che nel resto d’Italia, l’informazione – intesa come servizio al lettore e non strumento di difesa e promozione di interessi economici più o meno palesi – è morta?

(ho scritto questo breve sfogo per il blog collettivo Corona de Logu: visitatelo)

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venerdì 31 ottobre 2008

Basta... basta... per pietà...


Questa ancora scrive... Dall'Unione di oggi. Oddio, oddio...

Personaggi. Nel 2002 scalò le classifiche con “Mon petit garçon”
Yu Yu, anoressia andata e ritorno
«Finito il successo, sono precipitata nell'incubo»

Quando ho smesso di contare, dice Giuditta Guizzetti, ho iniziato a contare le calorie - e muove piano le dita sottili, mentre azzarda un sorriso senza morbizze. Perché quando contava, cantava. E si faceva chiamare Yu Yu, ed era tutta un muoversi su parolette francesi e leziosismi e ciglia ciglia. Era il 2002, l'estate del 2002 (che vuol dire discoteche in riva al mare, classifiche d'agosto, Festivalbar di piazza in piazza) - mon petit garçon pour toute la vie garçon .


Un successo? Sì, grazie. Ma uno di quei successi che si chiamano tormentoni, perché per un'estate lunga un pugno di mesi suonano a mezzogiorno e a mezzanotte: poi: più niente.
Quel niente, per Yu Yu, vuol dire ritornare a essere Guiditta Guizzetti, professione hostess. Carina come tante, simpatiche come tante, in fila come tante. «E allora la bestia è uscita fuori».


L'anoressia.
La bestia.
«È un animale feroce che si porta dietro la sofferenza che covi dentro. Ti fa sentire come una farfalla rovesciata nel suo bozzolo. Con l'unico desiderio di sparire».
L'anoressia.
La bestia.
«Non dà tregua. Non so ancora la causa profonda. Ma il disastro si è scatenato quando non avuto più successo. Forse non ero pronta a non essere più famosa. Dopo le prime due canzoni non mi hanno più richiamata. Ho inciso un altro brano che non è andato bene: ho cambiato casa discografica: non è servito a nulla. Gli amici? Spariti tutti. E questo mi ha annientato. Non contavo più nulla. E allora, quando ho smesso di contare, ho iniziato a contare le calorie».

L'anoressia.
La bestia.
«Un pomodoro a metà. Una mela a metà. Una zucchina a metà. La bilancia è diventata un'ossessione. Mi sentivo grassa, ma ero pelle e ossa. Fino a svenire e non rialzarmi più».
L'anoressia.
La bestia.


«C'è stato solo un breve spiraglio di luce: la notizia della mia gravidanza. Ma il mio corpo era troppo fragile e ho perso il bambino. Da lì è iniziato il mio lento suicidio. Ma arrivata a 36 chili mani esperte si sono prese cura di me. Non ho avuto la forza di oppormi».


A Palazzo Francisci, a Todi, Giuditta Guizzetti è tornata a vivere una vita nuova - altra e diversa. «Bisogna toccare il fondo per risalire. Yuyu non c'è più. Anzi: io Yuyu la sto usando: sfrutto la sua fama per portare avanti la mia battaglia. Adesso c'è solo Giuditta. Quella vera. Che vuole entrare nel frastuono delle discoteche e nel silenzio delle camerette: voglio arrivare alle ragazzine, voglio lottare con loro. L'anoressia è una bestia: va domata e rinchiusa in gabbia. Ho scritto un libro: Il cucchiaio è una culla (ed. Aliberti, già in libreria): è il mio viaggio nell'anoressia. Andata e ritorno».

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giovedì 30 ottobre 2008

Grissom a Casteddu


Viviamo attanagliati dalla paura. In una scuola cagliaritana notano una macchia scura e puzzolente. Cosa verrebbe automatico pensare, soprattutto se l'edificio è in qualche zona periferica e mal frequentata? L'attentato, ovvio (come no).

Ci racconta l'Unione Sarda di ieri: "La sostanza è stata raccolta, sigillata e analizzata. Dai primi riscontri della Asl 8 sembra che si tratti di rifiuti organici fermentati". Ma, "per alcuni interminabili attimi nel cortile dell'istituto tecnico industriale Giua circolava un'ipotesi inquietante: «attentato». Intanto, dentro all'edificio di via Montecassino a Pirri, evacuato per precauzione dai vigili del fuoco e dalla polizia, i pompieri del nucleo Nbcr (Nucleare biologico chimico radiologico) stavano controllando la sostanza che, poco prima delle 15,30, aveva fatto scattare l'allarme: una striscia marrone lunga due metri puzzolente".

Incredibile, si trattava di una "sostanza tossica, come rilevato dalle apparecchiature degli uomini del Nbcr". I valori di tossicità "sono molto bassi". Ci vogliono due ore di gente in giro per la scuola con le tute spaziali per capire cos'è successo: "Quello che è stato ritrovato da una docente sul pavimento di un corridoio dovrebbe essere spazzatura organica tenuta per giorni e giorni da qualche parte e rovesciata all'interno della scuola".
Insomma, un casino terribile per un po' vomito stantio. C'è gente che ha visto troppi episodi di Csi.
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giovedì 23 ottobre 2008

Come se non bastasse l'alluvione...


Ecco la stampa libera e scapigliata che non si nasconde dietro un dito quando si tratta di rivelare scottanti verità taciute. Dall'Unione Sarda di oggi (e sì, è sempre lei).


Albakiara”, la peggio gioventù

Sesso, droga e rock'n'roll (ma Vasco non c'entra)


Chiara passa in mezzo a due gorilla boni e gli si struscia contro prepotente. Ride un sacco. Ingoia un'altra pasticchetta, se la passa da bocca a bocca con Anna, con la lingua, per eccitare un paio di ragazzi e va avanti. Deve dare spintonate per raggiungere il centro della pista. È perduta nella folla. Il rumore e le canzoni vanno a palla.
Chiara.
Chiara che gode nel sentirsi persa e bella di vita e di morte.
Chiara ha una madre che sta con uno e chissà chi è; ha un padre che sta con una e chissà dov'è.
Chiara vive a Bologna; bel condominio borghese; appartamento tipo trivano più salone e terrazze.
Chiara ha cinquanta euro in tasca tutte le volte che vuole; così si compra il perizoma di pizzo piccolo piccolo; le pasticchette quando non ha voglia di cocaina; la cocaina quando non ha voglia di pasticchette.
Chiara ha un fidanzato che si chiama Niko e fa ingegneria e pure il dj: lo ama, dice, altroché se lo ama. Però fa sesso con Miki e Zippo insieme; e con quello e quella, e con quello e con quello, e con quella e con quella.
Chiara ha diciassette anni; o forse sedici; o forse quindici.
Chiara potrebbe essere vostra figlia.
Benvenuti nel mondo storto di Stefano Salvati, regista e scrittore che la cosa più facile è definire un anti-Moccia. Perché questo mondo di adolescenti sbagliati che racconta c'è davvero - come c'è davvero anche l'altro mondo, quello morbido e rotondo e profumato della Roma di Ponte Milvio e baci al traminer. E Albakiara , così, con la k, per rendere maledetta l' Albachiara di Vasco che respira piano per non far rumore, arriva domani al cinema, dopo essere già diventata un romanzo, scandalo e tormento di genitori e ragazzine. Eppure la storia c'è: è un fumettone nero e violento, c'è il traffico di droga, c'è l'ispettore corrotto, c'è tanto sangue: non c'è redenzione. Ma quello che colpisce forte come un cazzotto è altro, sono questi adolescenti divorati dal sesso eppure affamati d'amore, così fragili, così sbagliati, così sghimbesci. Sullo schermo lei ha la faccia di Laura Gigante, lui è Davide Rossi, l'ispettore Raz Degan. Tutti azzeccati, così belli, così dannati - e Davide, che di Vasco è il figlio, sta al momento giusto nel posto giusto. Ci dice Salvati: «Mescolo i generi, esattamente come fa la vita, soprattutto quella dei nostri giorni: commedia, thriller, erotismo». Preferire Moccia è più comodo. Albakiara ci fa male.
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venerdì 3 ottobre 2008

Lacrime e stridore di cervelli


Sempre lei. Sempre "L'Unione Sarda". Un altro magistrale saggio di scrittura. Stavolta faccia a faccia con quell'altro genio di Marco Carta, uno che farebbe sembrare intelligenti le patelle, con la tipica faccia da burricco pirrese.

«Le ha sentite anche lei quelle due gocce che sono cadute dal cielo la notte all'Anfiteatro?»
Cagliari-Roma andata e ritorno, una sigaretta da fumare, un ricordo da assaporare, un desiderio da raccontare. Per Marco Carta è pomeriggio di interviste: oggi esce il nuovo cd più dvd, è il secondo in tre mesi; ma con Marco Carta va così, va che le domande le fa lui eppoi ride eppoi c'è Maria, cè Luca, c'è Nonna, tutto il suo mondo piccolo e grandissimo da favola buona.


«Allora, le ha sentite anche lei quelle due gocce che sono cadute dal cielo la notte all'Anfiteatro?»
Marco, facciamo un gioco. Ventun lettere, ogni lettera un sostantivo, ogni sostantivo una suggestione.

«Ma è l'alfabeto di Marco Carta!».
A come Amici . «Quelli di Cagliari, che ci sono stati quando la vita non andava per niente e ci sono adesso che è tutto bellissimo. Eppoi gli altri, gli Amici di Maria De Filippi. Quello show è parte di me.
B come bacio. Il primo, o l'ultimo, che ha dato. «Il primo. Una sera. A Pirri. Sotto casa. Se lei era bella? Era come tutte le quattordicenni, che le guardi da lontano e sembrano chissà che meraviglia poi te le trovi vicino e dopo una settimana stai già scappando».
C è Cagliari, «la mia Cagliari, difficile e dura e malandata ma protettiva e forte e dolce come una grande madre».
D «Una mattina, prima che il disco uscisse, dissi a Lavezzi, il mio produttore: senti un po', Mario, forse sarebbe meglio non farlo proprio, questo album, così non rischiamo faccia e figuraccia. Mario scosse la testa: sarà disco d'oro, mi annunciò. Un paio di settimane dopo il mio primo album vendette 75 mila copie e diventò disco di platino. A un esordiente non era mai successo».
E come esperienza. «La più terribile, per me, perdere i miei genitori».
F «Fare radio con Fiorello è come ubriacarsi a mezzogiorno. La stessa ebrezza, la stessa grinta, la stessa gioia. Ringrazio Fiorello per l'imitazione che ha fatto di me, ma lo ringrazio ancora di più per avermi sfidato: “E ora, fai Marco Carta che fa Fiorello che fa Marco Carta”. Io ancora rido».
G come gioia. «La più grande sarebbe riuscire a dormire la notte. Quando apro gli occhi e penso: cosa ne sarà di me?».
H è la lettera muta. Qual è il valore che lei dà al silenzio? «Oggi, tantissimo. Il pubblico è famelico, la vita va veloce. Ho bisogno spesso di stare solo. E in silenzio».
I come internet. «È il mondo dove io e il mio pubblico ci incontriamo. Ed è un mondo perfetto. Attenzione solo alle insidie che può nascondere quando si è bambini».
L come Luca Jurman. «È il mio maestro. Ora e sempre».
M come Maria De Filippi. «Un'amica, una madre, una incredibile signora dello spettacolo».
N come nonna. «Mia nonna è il mio passato, è il mio presente, è il mio futuro. Sono innamorato pazzo di mia nonna».
O come ossessione. Quella che le ragazzine, e le loro madri, hanno per lei. «Grazie perché ci siete».
P come parrucchiere. Lo era, prima di diventare famoso. «Guadagnavo cinquecento euro al mese per dodici ore al giorno di lavoro. Mi licenziavo per andare a fare i provini. Due giorni dopo tornavo: disperato, ma non vinto».
Q come quotidianità. «La musica è il mio mezzogiorno e la mia mezzanotte».
R come rimorsi. O rimpianti. «Troppo istintivo per gli uni e per gli altri».
S come soldi. Ne ha guadagnato tanti. «Posso togliermi capriccio: prima, dovevo pensarci un anno. Ma la cosa importante è che con questi soldi posso far vivere serenamente la mia famiglia».
U come uomo. Come vorrebbe essere? «Più alto e meno permaloso».
V come vizio. «Il fumo: tre sigarette al giorno».
Z come zio. «È nata Zoe, la prima figlia di mio fratello. Ora sono zio Marco».
All'alfabeto di Marco Carta manca la T . È la lettera di Ti rincontrerò , la più importante. Perché è la canzone del successo. Ma è anche quelle due gocce di pioggia che sono cadute dal cielo la notte del concerto all'Anfiteatro: «Le lacrime di mia madre».
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mercoledì 1 ottobre 2008

Assessori competenti (e premiati)

Uh, quanto sono bravi questi amministratori locali! Vincono perfino i premi nei loro Comuni!
(dalla stessa pagina di prima, mi era sfuggita: grazie a Ale Alf per la segnalazione) Continua a leggere

AAA orsacchiotto cercasi


Quella che si chiama informazione di servizio.
Mi era sfuggita, grazie a Claudio per la segnalazione.
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venerdì 26 settembre 2008

Spezzatele le falangi, toglietele la tastiera, impeditele di scrivere


Ormai è una questione di principio. Lei continua a scrivere questi aborti per l'Unione Sarda (oggi, pagina spettacoli) e io continuo a mostrare all'universo mondo quanto sia negata per il mestiere che fa. Vuole essere stilosa e moderna e non ne è capace. Essere stilosi non significa scrivere tre parole e andare a capo. Scrivere altre tre parole e andare di nuovo a capo. Se si prendesse la briga di leggere qualche libro di gente che sa davvero scrivere in modo effervescente, capirebbe che lei e la scrittura sono mondi estranei, che mai si incontreranno. Un po' come la poesia di Shakespeare, che la nostra "giornalista" scomoda in chiusura, e la poesia di Cesare Cremonini: pianeti distanti anni luce, che in comune hanno solo le lettere dell'alfabeto. Certe cose, a volte, gridano davvero vendetta agli occhi degli dei. Ma almeno è confinata in un giornale di provincia buono solo per involgere il pesce, e i suoi pezzi se li leggerà da sola o in compagnia di qualche amica quindicenne che le dice: "Ceeeee, sai scrivere solo troppo bene".
Luci, camera, azione...

Ma se ti piace nascere al tramonto... puoi dormire insieme a me
(Le 6 e 26).
Va bene.
È scritto così.
E scritto nella canzone - puoi dormire insieme a me e tutte quelle cose lì. Però in questo pomeriggio che a Milano non è estate non è inverno Cesare Cremonini ti viene incontro con il sorriso stanco di chi non ne può più.

Undicesimo piano di mattonvetro e acciaio di piazza della Repubblica, palazzone Warner. Giornata di interviste. Passano i quotidiani, passano le riviste, passano le radio e i web e tutti quei giornalisti che l'hanno capito loro, com'è che va.
E Cremonini non ne può più perché:
a) i Lunapop;
b) il sesso;
c) i Lunapop e il sesso.
Tutte uguali, queste domande.
Eppure dai Lunapop sono passati dieci anni.
Eppure il sesso saranno fatti suoi.
E invece no.
Cesare, Cesare - che quando è andato a vivere da solo ha preso il trapano per attaccare al muro una chitarra e tanto ha bucato che ha perforato un tubo dell'acqua e ha allagato il salotto.
Cesare, Cesare - che a cinque anni cantava Cristina D'Avena epperò è diventano grande con i Beatles e i Queen e i Beach Boys. «Pure con Battisti. E Battisti è il meglio».
Ecco, questo Cesare te lo raccontano solo come un poeta ubriaco di vino e di donne.

L'amore è là dove sei pronto a soffrire, lasciando ogni cosa al suo posto e partire (Figlio di un re)
Cesare Cremonini era il ragazzino della Vespetta, quello dei Lùnapop, quello di diari tardoadolescenziali e di una Bologna che sapeva tanto di Brizzi scrittore bambino. Poi è successo che dal gruppo è uscito lui, e pareva un Jack Frusciante solo più bello, con quegli occhi scuri scuri e le mani in tasca - ma così forte, ma così rock.
Ha cantato altre canzoni.
Ha scoperto altri mondi.
È diventato grande.
È diventato bravo.

Metterà lo zucchero al posto del salato, per dimostrare al pubblico che nella vita è vero il vero ma pure il suo contrario, e niente senza il pianto sarebbe straordinario (La ricetta...per curare un uomo solo)
Oggi esce il disco nuovo. E un disco molto bello e molto difficile. Cesare Cremonini ha ventotto anni.


Ho cercato l'amore negli occhi di tutte le donne, baciando le labbra di chi non ne dà. Ho dormito per terre straniere coperto di foglie cercando l'altra metà
(L'altra metà)
Sono piccole storie, queste di Primo bacio sulla luna , e Cesare Cremonini chiede di ascoltarle. Fermatevi e ascoltatele, dice - e dice anche che la discografia, oggi, va veloce, ma così veloce che vuole canzoni da buttare lì su un'estate che ci pensi e già è finita. Fermatevi e ascoltatele, spegnete la televisione, restate soli: la solitudine non è un male da fuggire: è un bene da capire. Perché qualcosa rimane, tra le pagine chiare e le pagine scure, e gli arrangiamenti vaporosi e le rime aeree e le risalite leggerissime. Rimane un disco che vuole far sognare, «lo sai, la fantasia è la vera libertà, oggi».

Nudi accarezzandoci sempre, nudi accarezzandoci un po', graffi e morsi sulla pelle, chiusi in un miracolo (Chiusi in un miracolo)
«C'era un filosofo, che si chiamava come me, Cesare Cremonini. Era quello che accusava Galileo e diceva questo è pazzo». Sorride. «Ecco, io sto dalla parte di Galileo».

Nel cuore mio l'abisso, intorno a me l'eternità (Il primo bacio sulla luna)
«Io ho fiducia in chi ha voglia di fermarsi ad ascoltare: questo disco è un abbraccio e una carezza» - è credere, a dispetto di come gira questo Paese, che ha ventotto anni puoi fare, e non soltanto aspettare. A Bologna, nella sua Bologna, Cesare Cremonini ha fatto uno studio nuovo, una factory, che detto così rende meglio, perché Mille Galassie è un mondo piccolo dove studiare, suonare, scrivere, cantare, pensare. Dormire? Sognare, forse. Continua a leggere

mercoledì 23 luglio 2008

Porcate, ovvero braccia (giornalistiche) sottratte all'agricoltura


Un illeggibile pezzo sul concerto che Ligabue ha tenuto ieri a Cagliari. Cortesia dell'Unione Sarda e di una giornalista - che non nominerò - che pensa di essere una scrittrice stilosa e invece dovrebbe semplicemente mettersi a fare un qualsiasi altro mestiere tranne quello di scrivere sui giornali.

A fare ancora e sempre Reggio, Liverpool, Memphis, Nashville; e Radio Clash da casello a casello; e un bell'impasto di lambrusco e sudore, succede che stanotte il concerto è qui, nella solita Fiera brutta con l'asfalto brutto che se cadi ti grattugi le ginocchia (ma tant'è, perché l'abbiamo detto troppe volte e perché tutto cambi, in questa Cagliari di gattopardi, tutto deve restare com'è). Insomma, il concerto è qui eppoi il concerto è fuori: fuori sul cavalcavia sopra lo stadio, fuori sul cofano delle macchine parcheggiate sghimbesce tra muro e marciapiede, fuori sugli alberi del viale e sul balcone, se ce l'hai.

Perché quando non hai trentacinque euro per pagare il biglietto, allora Ligabue te lo ascolti come puoi - e ti aggrappi alla cancellata della Fiera e con una mano tieni la tua fidanzata e con l'altra una birra fredda di ghiaccioli di borsa frigo. E magari non lo vedi, anzi: non lo vedi, però te lo immagini, Ligabue: ecco, cammina leggero sul palco rock di psichedelie argento; ecco, stringe i pugni contro il cielo; ecco, graffia le corde e graffia la vita. Allora sono attimi e secoli, lacrime e brividi, e tu, baciami la fortuna, baciami le parole che sai già, baciami il sangue mentre gira, canti - canti mentre con una mano tieni la fidanzata e con l'altra la birra ché in questi anni terribili che tutto costa e anche un concerto diventa un privilegio, la musica supera la barriera di un registratore di cassa e la travolge e va veloce e ti arriva forse anche più forte; mentre il basso batte il ritmo del cuore.

E allora a fare ancora e sempre Reggio, Liverpool, Memphis, Nashville, succede che dentro o fuori, ti ritrovi ancora qua: e a fare la conta sei tu e altri ventimila, a cantare di nuovo questo rock, a ballare sul mondo, ad afferrare i sogni con una mano e a stringerli con l'altra. E Ligabue che trascina parole rotonde lo sa cosa deve fare: e lo fa bene. Allora quelle venti canzoni, le sue, le più buone, diventano un'unica morbida scia, una striscia invitante talmente accogliente da perderci il fiato - e che sia quel che sia. E mentre una ballerina vola, e Ligabue stringe uno specchio per riflettere fede speranza carità, quello schermo grande come tre stanze più salone ti racconta i primi dieci articoli della Costituzione Italiana. E sarà questa notte femmina, sarà questo rito pagano e sanguinolento e liberatorio che si chiama concerto, sarà la musica, ma mai il diritto alla vita e al lavoro e al rispetto è sembrato così giusto e così poesia.

Eppoi via, Ligabue, dentro o fuori, facci urlare contro il cielo, e con le tue risposte fatte in casa promettici che andrà bene, nonostante tutto. Perché la musica di Ligabue è tagliata su misura per uno, nessuno, centomila, fatta com'è di parole che sanno di buono e si scompongono all'infinito nel vortice di un relativismo da Bar Mario. Canzoni che sembrano fatte per me - ti convinci mentre canti, in questa notte che pare un peccato che non ci siano le zanzare della Bassa. Ma si convince mentre canta anche quello a fianco e quell'altro ancora e ancora e ancora, chè la forza della banda viene fuori, ballando dietro il groove, ballando in mezzo agli orrori. Libera nos a malo, e così sia.
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