venerdì 3 ottobre 2008

Lacrime e stridore di cervelli


Sempre lei. Sempre "L'Unione Sarda". Un altro magistrale saggio di scrittura. Stavolta faccia a faccia con quell'altro genio di Marco Carta, uno che farebbe sembrare intelligenti le patelle, con la tipica faccia da burricco pirrese.

«Le ha sentite anche lei quelle due gocce che sono cadute dal cielo la notte all'Anfiteatro?»
Cagliari-Roma andata e ritorno, una sigaretta da fumare, un ricordo da assaporare, un desiderio da raccontare. Per Marco Carta è pomeriggio di interviste: oggi esce il nuovo cd più dvd, è il secondo in tre mesi; ma con Marco Carta va così, va che le domande le fa lui eppoi ride eppoi c'è Maria, cè Luca, c'è Nonna, tutto il suo mondo piccolo e grandissimo da favola buona.


«Allora, le ha sentite anche lei quelle due gocce che sono cadute dal cielo la notte all'Anfiteatro?»
Marco, facciamo un gioco. Ventun lettere, ogni lettera un sostantivo, ogni sostantivo una suggestione.

«Ma è l'alfabeto di Marco Carta!».
A come Amici . «Quelli di Cagliari, che ci sono stati quando la vita non andava per niente e ci sono adesso che è tutto bellissimo. Eppoi gli altri, gli Amici di Maria De Filippi. Quello show è parte di me.
B come bacio. Il primo, o l'ultimo, che ha dato. «Il primo. Una sera. A Pirri. Sotto casa. Se lei era bella? Era come tutte le quattordicenni, che le guardi da lontano e sembrano chissà che meraviglia poi te le trovi vicino e dopo una settimana stai già scappando».
C è Cagliari, «la mia Cagliari, difficile e dura e malandata ma protettiva e forte e dolce come una grande madre».
D «Una mattina, prima che il disco uscisse, dissi a Lavezzi, il mio produttore: senti un po', Mario, forse sarebbe meglio non farlo proprio, questo album, così non rischiamo faccia e figuraccia. Mario scosse la testa: sarà disco d'oro, mi annunciò. Un paio di settimane dopo il mio primo album vendette 75 mila copie e diventò disco di platino. A un esordiente non era mai successo».
E come esperienza. «La più terribile, per me, perdere i miei genitori».
F «Fare radio con Fiorello è come ubriacarsi a mezzogiorno. La stessa ebrezza, la stessa grinta, la stessa gioia. Ringrazio Fiorello per l'imitazione che ha fatto di me, ma lo ringrazio ancora di più per avermi sfidato: “E ora, fai Marco Carta che fa Fiorello che fa Marco Carta”. Io ancora rido».
G come gioia. «La più grande sarebbe riuscire a dormire la notte. Quando apro gli occhi e penso: cosa ne sarà di me?».
H è la lettera muta. Qual è il valore che lei dà al silenzio? «Oggi, tantissimo. Il pubblico è famelico, la vita va veloce. Ho bisogno spesso di stare solo. E in silenzio».
I come internet. «È il mondo dove io e il mio pubblico ci incontriamo. Ed è un mondo perfetto. Attenzione solo alle insidie che può nascondere quando si è bambini».
L come Luca Jurman. «È il mio maestro. Ora e sempre».
M come Maria De Filippi. «Un'amica, una madre, una incredibile signora dello spettacolo».
N come nonna. «Mia nonna è il mio passato, è il mio presente, è il mio futuro. Sono innamorato pazzo di mia nonna».
O come ossessione. Quella che le ragazzine, e le loro madri, hanno per lei. «Grazie perché ci siete».
P come parrucchiere. Lo era, prima di diventare famoso. «Guadagnavo cinquecento euro al mese per dodici ore al giorno di lavoro. Mi licenziavo per andare a fare i provini. Due giorni dopo tornavo: disperato, ma non vinto».
Q come quotidianità. «La musica è il mio mezzogiorno e la mia mezzanotte».
R come rimorsi. O rimpianti. «Troppo istintivo per gli uni e per gli altri».
S come soldi. Ne ha guadagnato tanti. «Posso togliermi capriccio: prima, dovevo pensarci un anno. Ma la cosa importante è che con questi soldi posso far vivere serenamente la mia famiglia».
U come uomo. Come vorrebbe essere? «Più alto e meno permaloso».
V come vizio. «Il fumo: tre sigarette al giorno».
Z come zio. «È nata Zoe, la prima figlia di mio fratello. Ora sono zio Marco».
All'alfabeto di Marco Carta manca la T . È la lettera di Ti rincontrerò , la più importante. Perché è la canzone del successo. Ma è anche quelle due gocce di pioggia che sono cadute dal cielo la notte del concerto all'Anfiteatro: «Le lacrime di mia madre».

2 commenti:

Bruno Olivieri ha detto...

'O Marco Carta... ma vai a cagare, và!
:-)

Unknown ha detto...

ceeeee
oh Marco, ma ti posso toccare!?!