mercoledì 23 luglio 2008

Porcate, ovvero braccia (giornalistiche) sottratte all'agricoltura


Un illeggibile pezzo sul concerto che Ligabue ha tenuto ieri a Cagliari. Cortesia dell'Unione Sarda e di una giornalista - che non nominerò - che pensa di essere una scrittrice stilosa e invece dovrebbe semplicemente mettersi a fare un qualsiasi altro mestiere tranne quello di scrivere sui giornali.

A fare ancora e sempre Reggio, Liverpool, Memphis, Nashville; e Radio Clash da casello a casello; e un bell'impasto di lambrusco e sudore, succede che stanotte il concerto è qui, nella solita Fiera brutta con l'asfalto brutto che se cadi ti grattugi le ginocchia (ma tant'è, perché l'abbiamo detto troppe volte e perché tutto cambi, in questa Cagliari di gattopardi, tutto deve restare com'è). Insomma, il concerto è qui eppoi il concerto è fuori: fuori sul cavalcavia sopra lo stadio, fuori sul cofano delle macchine parcheggiate sghimbesce tra muro e marciapiede, fuori sugli alberi del viale e sul balcone, se ce l'hai.

Perché quando non hai trentacinque euro per pagare il biglietto, allora Ligabue te lo ascolti come puoi - e ti aggrappi alla cancellata della Fiera e con una mano tieni la tua fidanzata e con l'altra una birra fredda di ghiaccioli di borsa frigo. E magari non lo vedi, anzi: non lo vedi, però te lo immagini, Ligabue: ecco, cammina leggero sul palco rock di psichedelie argento; ecco, stringe i pugni contro il cielo; ecco, graffia le corde e graffia la vita. Allora sono attimi e secoli, lacrime e brividi, e tu, baciami la fortuna, baciami le parole che sai già, baciami il sangue mentre gira, canti - canti mentre con una mano tieni la fidanzata e con l'altra la birra ché in questi anni terribili che tutto costa e anche un concerto diventa un privilegio, la musica supera la barriera di un registratore di cassa e la travolge e va veloce e ti arriva forse anche più forte; mentre il basso batte il ritmo del cuore.

E allora a fare ancora e sempre Reggio, Liverpool, Memphis, Nashville, succede che dentro o fuori, ti ritrovi ancora qua: e a fare la conta sei tu e altri ventimila, a cantare di nuovo questo rock, a ballare sul mondo, ad afferrare i sogni con una mano e a stringerli con l'altra. E Ligabue che trascina parole rotonde lo sa cosa deve fare: e lo fa bene. Allora quelle venti canzoni, le sue, le più buone, diventano un'unica morbida scia, una striscia invitante talmente accogliente da perderci il fiato - e che sia quel che sia. E mentre una ballerina vola, e Ligabue stringe uno specchio per riflettere fede speranza carità, quello schermo grande come tre stanze più salone ti racconta i primi dieci articoli della Costituzione Italiana. E sarà questa notte femmina, sarà questo rito pagano e sanguinolento e liberatorio che si chiama concerto, sarà la musica, ma mai il diritto alla vita e al lavoro e al rispetto è sembrato così giusto e così poesia.

Eppoi via, Ligabue, dentro o fuori, facci urlare contro il cielo, e con le tue risposte fatte in casa promettici che andrà bene, nonostante tutto. Perché la musica di Ligabue è tagliata su misura per uno, nessuno, centomila, fatta com'è di parole che sanno di buono e si scompongono all'infinito nel vortice di un relativismo da Bar Mario. Canzoni che sembrano fatte per me - ti convinci mentre canti, in questa notte che pare un peccato che non ci siano le zanzare della Bassa. Ma si convince mentre canta anche quello a fianco e quell'altro ancora e ancora e ancora, chè la forza della banda viene fuori, ballando dietro il groove, ballando in mezzo agli orrori. Libera nos a malo, e così sia.

4 commenti:

Marta ha detto...

sono d'accordo, è davvero una schifezza... ma un illeggibile pezzo non si scrive senza apostrofo?

Mr Banana ha detto...

ehehe, nella foga ho dimenticato di revisionare..ero proprio imbufalito! grazie..

Marta ha detto...

in effetti mai letto niente di più sconclusionato... ma, come sai, io non leggo molto i giornali ;)

Mr Banana ha detto...

questa scrive tutto così, parli di ligabue o di una vecchietta sgozzata...