venerdì 27 giugno 2008

Terribili vecchietti del rock


Ladies and gentlemen, ecco Glenn Hughes e David Coverdale. Sono praticamente coetanei: Glenn è nato nel 1952, David nel 1951. Cantano entrambi, con voci molto diverse. David ha un vocione blues di clamorosa intensità. Glenn ha una voce più aspra ma fenomenale e, per giunta, è un grandissimo bassista.

Nella metà degli anni Settanta furono la benzina della spompata astronave dei Deep Purple orfani di Ian Gillan e Roger Glover. Il primo dei tre dischi che incisero con gli autori di "In Rock" è ancora un classico megagalattico: "Burn", anno domini 1974.

Non durò granchè: i Purple, in piena fase discendente, si sciolsero all'inizio del 1976. Nel frattempo, i nostri amici - due che, in quanto ad ego, mica scherzano - si contendevano il ruolo di prima donna della band. Da quel momento non si incrociarono mai più. David fondò di lì a poco gli Whitesnake, con cui guadagnò ulteriore fama e ricchezza. Glenn ebbe una carriera più errabonda e discontinua, zavorrata dai troppi abusi, ma nell'ultimo decennio è rinato sotto il profilo artistico e umano.

Tutto questo per dire che i due signori che vedete là sopra, ultracinquantenni forse un po' ridicoli nel tentativo di simulare una giovinezza che non c'è più, sono tutt'altro che pronti per la pensione.
Coverdale, infatti, ha ritirato fuori dalla naftalina gli Whitesnake, che sembravano finiti negli anni Novanta, e ha inciso un discone che più classico di così non si potrebbe: "Good to be bad", un distillato di scintillante hard-blues nel solco delle migliori prove del Serpente Bianco. Brani tirati, ballate superromantiche, schitarrate furiose e l'inconfondibile e caldissimo timbro del nostro biondo quasi sessantenne.

Glenn, che per tutti è "the voice of rock", dal canto suo, conserva imperterrito lo stato di grazia degli ultimi dischi. "First underground nuclear kitchen" mantiene le promesse del suo acronimo: funk dalla prima all'ultima nota, impossibile rimanere fermi. Le ritmiche, tra il basso di Hughes e la batteria del Red hot Chili Pepper Chad Smith, pulsano che è una bellezza. E anche in questo caso, il vezzoso cantante/bassista estrae dal cilindro una prova maiuscola per intensità e feeling.

L'unico mio dubbio riguarda la gerontocrazia che si è instaurata anche nel mondo del rock. Come è possibile che i cinquantenni (e oltre) riescano ancora a mettere in riga le nuove band?

1 commento:

Marta ha detto...

mi ricorda un po' quel film dell'anno scorso dal titolo originale Music&Lyrics (non ricordo quello italiano, anche perché come al solito era una cosa che non c'entrava niente!) in cui Hugh Grant, ex star della musica anni 80 (un po' tipo il George Michael degli Wham) si rispolverava con un successone ai giorni nostri grazie ad una giovane e fantasiosa Drew Barrymore... film terribile e kitsch sotto certi punti di vista, ma molto simpatico nella sua stupidità!
W i vecchi che fanno buona musica!