martedì 11 novembre 2008

Senza titolo (per ora) - 10


(Qui le puntate precedenti)

Robi partì con la katana a mulinello e iniziò a far rotolare teste, ma i mocciosi sanguinosi stavano arrivando. Per guadagnare tempo, mi esibii nella mia apprezzata scivolata alla Pietro Vierchowod. Quando ci provavo nelle partite di calcetto all’oratorio, di solito finiva in rissa istantanea e pugni in bocca. Un tizio che odiavo, una volta, fece un’intera giravolta su se stesso e piombò in terra come un sacco di patate. Rimase a osservare il cielo per due minuti, nell’ansia generale. Poi si alzò, si tolse la polvere di dosso, rassicurò tutti sulle proprie condizioni e mi inseguì fino a casa correndo come una lepre. Altroché se stava bene.

Qui, se rompevo qualche gamba era pure meglio. Così quei bastardi sarebbero caduti e, invece di rialzarsi in tempi biblici - ma comunque rialzarsi - avrebbero iniziato a strisciare. Qualcosa di più facile da controllare. Avevo scoperto che le loro ginocchia cedevano con incredibile facilità: questo trucco mi aveva salvato il culo almeno un paio di volte. Cercai di arrivare al cadavere che stavano smembrando per afferrare qualche pezzo e lanciarlo in modo da trattenere almeno la banda che ci ci stava raggiungendo. Ma non era rimasto un cazzo da lanciare: una specie di copertina di libro senza pagine, in un lago di sangue. Ormai avevo visto e fatto qualsiasi cosa, e mi impressionai ben poco. Robi era preso tra due fuochi. E aveva pure perso una spada. «Me la sbrigo io qui, Ale», mi urlò. «Vai avanti e ti raggiungo!».
Lo vidi scomparire sommerso dal gruppo di cannibali. Io me la diedi a gambe e riparai nel distributore. Doveva esserci da qualche parte uno di quei mostri che andava ancora in giro con una katana conficcata da qualche parte.

Un tonfo mi fece battere la testa sul finestrino e mi richiamò nel mondo reale. Nella corsa verso il porto avevamo urtato una delle tante auto ferme in mezzo alla strada.
«Ehi ci sei, minchione?», mi urlò Silvio dal posto di guida. «Ti tenevo d’occhio, credevo stessi diventando uno di quelli».
«Ti diverti con l’autoscontro, pilota dei miei stivali?», gli risposi massaggiandomi la testa.
«È pieno di macchine abbandonate, qualcuna non riesco a evitarla. Stai bene?»
«Sì, un attimo di stanchezza», gli risposi. Mi avvicinai al posto di guida nel momento in cui un bagliore apparve a circa 200 metri davanti a noi.

(10 - continua)

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