martedì 30 settembre 2008

Senza titolo (per ora) - 5

(Continua da 1 - 2 - 3 - 4)

Non avevo molte alternative. Qualsiasi cosa avessero in testa gli scimmioni, non credo che contemplasse la fuga. Ma se avessi messo un piede fuori dal mio nascondiglio, quegli altri avrebbero abbandonato il problema del tonno in scatola per lanciarsi sulla bistecca al sangue.

Ma che cavolo, mi dissi. Non sono stato campione scolastico dei 200 metri? Sicuro, dieci anni e molti McDonald’s fa. E correvi contro uno sciancato, uno con le emorroidi, due gemelli napoletani ciccioni (che si erano qualificati minacciando gli altri concorrenti) e uno con le scarpe di cartone che si aprirono a 50 metri dal traguardo e lo fecero capitombolare via. La vittoria morale andò a lui: stava vincendo con 30 metri di vantaggio su di me, che ero tallonato da quello con le emorroidi. I ciccioni erano fuori gara: si erano fermati a picchiare lo sciancato perchè aveva risposto male a una minaccia.

Dovevo cercare di andarmene prima che ai gorilla saltasse in testa di proporre la loro versione del bombardamento di Apocalypse now. Mi infilai lo zaino, afferrai la mia clava da cavernicolo e con un calcio buttai giù la porta dell’ufficio dove mi ero rifugiato. Lanciai uno dei moncherini che mi erano piovuti addosso verso il gruppo di zombi. Il pezzo rimbalzò su una testa e tutti si immobilizzarono.
Dopo un attimo si voltarono verso di me. Tutti insieme, perfettamente sincronizzati. Mi sentii un po’ meno spavaldo. E mi resi conto che «correre, correre, correre» non era una strategia. Era una coglionata.

Come quelli mossero il primo passo verso di me, io feci una finta ubriacante di quelle che mi avevano reso “famoso” sui campi di basket – e gli zombi non abboccarono, esattamente come tutti i difensori delle squadre avversarie dell’epoca – e mi lanciai alla mia sinistra, lungo la parete dell’ufficio-bar-ristorante del distributore. La speranza era quella di trovare un modo per filarmela: una bicicletta, un motorino. Magari con le chiavi infilate dentro. Sennò un unicorno alato. Ci voleva un miracolo perché ad ogni passo che facevo mi rendevo conto della cazzata galattica che stavo combinando.

Me li sentivo dietro, quei loro occhi gelidi puntati sul collo. Non erano ovviamente in grado di raggiungermi, con quelle gambe rigide e il passo sbilenco. Ma l’avevo già visto altre volte, quella notte: loro non si stancavano e noi invece non potevamo correre per sempre. Ti fermavi a riprendere fiato e scoprivi che, efficaci come segugi, ce li avevi ancora dietro. E prima o poi cadevi o davvero non ce la facevi più e cominciava “Il pranzo è servito” ma senza Corrado o quella odiosa musichetta.

Con la coda dell’occhio vidi il disco volante prendere lentamente quota. Io girai l’angolo dell’edificio e corsi subito nel retro. Quasi inciampai in una scala di metallo posata per terra e senza pensarci su la acchiappai e la issai per salire sul basso tetto dell’ufficio. Forse era il mio miracolo. Mi arrampicai appena in tempo, perchè i morti sbucarono da due direzioni in contemporanea. I figli di puttana avevano tentato di accerchiarmi: un gruppetto aveva fatto il giro per chiudermi la strada.

Tentai di tirare su la scala, ma era pesante e quelli la afferrarono. Mollai tutto e gliela feci cadere addosso. Immaginai una telecamera nascosta e Piero Angela che sussurrava: «Ecco, ora vedremo il grado di manualità dei non morti. Posti davanti al problema della scala da raddrizzare, questi nostri parenti molto prossimi mostrano evidenti difficoltà». O così speravo io mentre gettavo uno sguardo a quel gruppo di disperati. Erano incasinati persi, grazie al cielo: un paio tenevano le due estremità dell’attrezzo ma gli altri fessi continuavano a infilarsi tra i pioli. Sembravano confusi, mi davano l’idea di qualcuno che si ritrova davanti a qualcosa che conosce ma non ricorda bene come si usa.

Non vi è andata bene oggi fratelli, tra scatolette di tonno e incredibili oggetti misteriosi. Tanto meglio, pensai, avevo qualche istante prezioso. Da usare non si sa come, visto che ero praticamente in trappola. Il rombo del motore del bus invece mi salutò.

(5 - continua)

5 commenti:

Mr Banana ha detto...

come possibile titolo "Battaglia a Culonia"?

Luca Albergoni ha detto...

Naaaa! Una cosa "seria" farebbe + ridere secondo me...

Mr Banana ha detto...

Terrore dal pianeta Banana?

Luca Albergoni ha detto...

...prova a immaginarepossibile il titolo dell'unione sarda...mi viene anche in mente il titolo di quel libro "un problema di lupi mannari in siberia"...telegrafico in stile ANSA

Mr Banana ha detto...

L'unione farebbe un titolo banale. Tipo "Paura e morte in città. Alieni e morti viventi all'assalto di Cagliari". invece ci vuole un colpo d'ala